0.1
0.2
0.3
0.4 babà (Vialardi 1899; Torino)
0.5
0.6 babà (1834, Vincenzo Agnoletti, Manuale del cuoco e del pasticcere di raffinato gusto moderno [ nella loc. babà alla polacca] , cfr. Arcangeli-Di Nicola 2015: 31; 1854, G. Vialardi, 'dolce di pasta lievitata, con uva passa, intriso di rum', DELIN; ArchiDATA; 1911, Artusi, La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene: "Babà, questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscir bene richiede pazienza ed attenzione... Quando il babà è sfornato, se è ben cotto deve avere il colore della corteccia del pane", GDLI; GRADIT; SC; Zingarelli 2023).
0.7 Dal fr. baba < prob. dal polacco (DELIN).
0.8 Secondo quanto riportato negli studi di Arcangeli e Di Nicola, il babà sarebbe diretto discendente di un dolce pasquale alsaziano simile ad un panettone, ma più soffice, denominato kugelhupf. Questo dolce, diffusosi altrove, avrebbe poi preso nomi diversi a seconda della zona, come babovka in Repubblica Ceca, e babka in Polonia. Un’ipotesi diffusasi nell'Ottocento (La Reynière 1805:44, ma ripreso da Buccheri 2023) attribuisce a Stanislào Leszczynski, re polacco destituito, e suocero di Luigi XV, il merito di aver introdotto il dolce in Francia. Al di là della storia, è certo che la denominazione di origine polacca sia giunta in italiano per tramite del francese (v. DEI, DELIN), in cui la parola baba compare dal 1767 (TLFi). L’adattamento della voce alle regole fonetiche dell'italiano (-a > -à) esclude che possa trattarsi di un prestito diretto dal polacco (v. Thomassen 1994: 67). Il primo esempio finora noto in lingua risale al 1834, nel Manuale del cuoco e del pasticcere di raffinato gusto moderno di Vincenzo Agnoletti, in cui è presente la ricetta del babà alla polacca (cfr. Arcangeli-Di Nicola 2015: 31). Questa attestazione anticipa di qualche anno quella riferita da AtLiTeg, che registra babà solo nel ricettario di Vialardi, a cui, tuttavia, spetta il primato dell'uso dell'aggettivo polonese ‘polacco’ (De Blasi 1991: 104-106). Il Trattato di cucina (Torino, 1854; non presente in AtLiTeg) di Vialardi, inoltre, documenta per la prima volta il formato odierno del babà, nonché la sua versione glassata (nel ricettario: ghiacciato; v. anche Buccheri i.c.s). La voce comincia ad essere documentata nella lessicografia solo a partire dal GDLI, e finalmente dalla lessicografia dell'uso come prodotto tipicamente partenopeo. Nessun riscontro, invece, nella lessicografia dialettale. Come ipotizzato nel recente studio di Buccheri: "Il silenzio della lessicografia napoletana, rotto solo in tempi recenti, può spiegarsi con il fatto che la parola, più o meno diffusa in tutta la penisola, non fosse avvertita, a ragione, come locale o dialettale. È possibile, inoltre, che a Napoli una più forte consapevolezza della tipicità del babà sia relativamente recente".
0.9 Categorie
0.11 ArchiDATA; DEI; DELIN; GDLI; GRADIT; Nocentini; SC; TLFi; Zingarelli 2023; Arcangeli - Di Nicola 2005: 27-29; Buccheri 2023; Coluccia 2022: 168; De Blasi 1991; Maconi 2020: 61-93; Thomassen 1994: 67.
Autore della scheda: Monica Alba
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/212