0.1
0.2
0.3
0.4 levatelli (Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale, 1549; Ferrara).
0.5
0.6 levatello (1561, A. Citolini, La tipocosmia, p. 504; 1585, T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo e nobili et ignobili, GDLI; 1598, Florio, A worlde of Wordes; 1640, Oudin, Dictionnaire italien et françois; 1660, Howell, Lexicon Tetraglotton; 1700, Veneroni, Le dictionaire imperial; 1711, Rädlein, Europäischer Sprach-Schatz oder).
0.7 Der. da levato 'lievitato' < lat. volg. *LEVĬTŬM ‘sollevato’.
0.8 L'unico ricettario a citare i levatelli è quello del Messi Sbugo, che ne descrive inoltre dettagliatamente la preparazione. Nonostante ciò, doveva trattarsi di una prelibatezza ben nota, come si può evincere sia dalla ripresa del nome ne La tipocosmia (1561) di Citolini e ne La piazza universale di tutte le professioni del mondo (1585) di Garzoni sia dalla presenza della voce in vari dizionari tra cui A worlde of Wordes (1598) di Florio, Dictionnaire italien et françois (1640) di Oudin, Lexicon Tetraglotton (1660) di Howell, Le dictionnaire imperial (1700) di Veneroni e Europäischer Sprach-Schatz (1711) di Rädlein.
L'etimologia della parola è trasparente, e rimanda alle due ore di lievitazione richieste dall'impasto: i levatelli sono così detti perché levati, ossia 'lievitati' (cfr. DEI). Levato si ricollega a levito 'lievito', corradicale di lievito e quindi derivato dal lat. volg. *lĕvĭtu(m), per il classico levātum, participio passato di levāre ‘sollevare’ (cfr. DELIN, Nocentini). Né lievito né levito sono però attestati in Messi Sbugo, che preferisce levaturo.
0.9 Categorie
0.10.1 lievito (s.m.) ,
0.11 DEI; DELIN; GDLI; Nocentini; Florio 1598; Howell 1660; Oudin 1640; Rädlein 1711; Veneroni 1700; Citolini 1561: 504; Garzoni 1585: 700.
Autore della scheda: Giovanni Urraci
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/170