0.1
0.2
0.3
0.4 galimafura (Libro de cosina, Sec. XVI inizio; Lombardia).
0.5
0.8 Hapax in tutta la tradizione di Maestro Martino, la voce gallimanfura (e varianti) è un gallicismo culinario attestato nel Cinquecento e nel Settecento in due soli testi di area settentrionale (vd. supra). Si tratta di un piatto d'origine francese – come rivela la stessa locuzione che ne costituisce la prima attestazione, galimafura a la francesa – composto da petto di castrato o di vitello tagliato in piccoli pezzi e soffritto, con l'aggiunta di mostarda forte; l'equivalente, con alcune differenze nella scelta della carne (pernice e cappone), si rintraccia per es. nella calunafree di Chiquart (Scully 1985: 175) e nella calimafree di Menagier (Brereton 1981: 261), dove assume la denominazione curiosa di saulse paresseuse 'salsa pigra'. Nella versione moderna, settecentesca, del Cuoco reale e cittadino assume la fisionomia di una "finanziera volgarizzata" e nel linguaggio comune, analogamente a fricassea, è derubricato anche a 'mescolanza confusa di cibo o altro; intruglio' (Carnevale Schianca 2011: 262). Quanto all'etimologia, tuttora incerta, il prestito di partenza galimafrée risulta probabilmente dall'incrocio fra il fr.a. galer 'divertirsi, condurre una vita allegra' e mafrer 'mangiare molto' (TLFi).
0.9 Categorie
0.11 FEW; TLFi; Carnevale Schianca 2011: 261-262; Castiglione-Rizzo 2011: 269; Pichon 1892: 70.
Autore della scheda: Francesca Cupelloni
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/359