0.1
0.2
0.3
0.4 gratonea (Liber de coquina (A), 1308-1314; Napoli).
0.5
0.6 gratonata (TLIO, nel significato di 'vivanda a base di carne fritta con lardo e cipolla'); gratonato (TLIO, nel significato di 'vivanda a base di tuorli d'uovo battuti e altri ingredienti vari'); gratonèa (TLIO, con rinvio a gratonìa; DEI, nel significato di 'pietanza di fegato di pollo, spezie, torlo d'uovo, cotta in brodo e inzuccherata'); gratonìa (TLIO, nel significato di ‘vivanda a base di carne cotta con uova, inzuccherata e speziata’; GDLI, con rimando a gratonèa, gratomèa, con marca d'uso "ant."); gratomea (TB, con crux, nel significato di ‘sorte di vivanda usata nel XIV sec.’); grattonata (GDLI, nel significato di 'cibo grattugiato o tritato finemente', con marca d'uso "ant."; DEI, nell'accezione di 'qualsiasi cibo o commestibile "grattato", ridotto in frammenti').
0.7 Etimo incerto (vd. infra).
0.8 La voce gratonea e le sue varianti sono attestate nel nostro corpus dal Tre al Seicento, con particolare concentrazione nei ricettari federiciani. Della proliferazione variantistica che viene a configurarsi (non senza qualche errore di tradizione) fanno parte termini probabilmente corradicali che definiscono preparazioni analoghe, riconducibili alla categoria dei soffritti o dei brodi ma anche delle frittelle. Se guardiamo alla composizione delle ricette, le tradizioni italiane ed europee documentano una modalità di cottura e una lista di ingredienti piuttosto omogenee; è però presente soltanto nell’Anonimo Mediano il cascio della vaccha, suggerito come alternativa all'agresta (vd. supra). Secondo Carnevale Schianca (2001: 290) si tratterebbe di un errore poi corretto nelle versioni latine del Liber de coquina; va tuttavia segnalato che il caso è recuperato nel Libro dello scalco, dove la gratonata diventa una sorta di condimento (in grattonata). Per spiegarne l'etimo, il DEI rinvia al fr.a. cretonnée, da creton ‘specie di grasso, ciccioli’, con adattamento suffissale in -ata/-ea tipico dei prestiti due-trecenteschi dal francese (cfr. D'Achille-Grossmann 2019: 4); un'ipotesi confortata dal raffronto con gli antichi ricettari europei (cfr. per es. crytayne in Forme of cury e craytoun nei Diversa servicia: Hieatt-Butler 1985: 66, 111). Si potrebbe tuttavia parlare più precisamente di normannismo, considerando sia il significato del termine in quella varietà (norm. créton ‘peau croustillante qui reste dans la graisse quand on la fait fondre’; cfr. anche fr.a. cretoné, cretonnée, prov.a. gratonia ‘mets préparé avec des cretons’: FEW), sia, più in generale, l’importanza ormai riconosciuta del superstrato normanno insulare nella lingua dei federiciani (cfr. Martellotti 2012: 86-94; i.c.s; Cupelloni 2022: 1065-1069); non si può inoltre escludere l’influsso paretimologico di grattare. Una ulteriore proposta avanzata da Scully (1988: 52) rimanda al lat. mediev. cremium, da cremare ‘residuo che i soffritti lasciano in padella’ (Du Cange).
0.9 Categorie
0.11 DEI; TLIO; TB; GDLI; Du Cange; FEW; Carnevale Schianca 2011: 286, 290-291; Cupelloni 2022: 1065-1069; D'Achille-Grossmann 2019: 4; Faccioli 1966: 34, 38, 47, 88; Hieatt-Butler 1985: 66, 111; Martellotti 2001: 368; 2005: 18; 2012: 86-94; i.c.s.; Möhren 2016: 228; Mulon 1971: 428; Rodinson 2001: 421; Sada-Valente 1995: 183; Scully 1988: 50.
Autore della scheda: Francesca Cupelloni
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/371