0.1
0.2
0.3
0.4 buglios (Lo scalco prattico, 1627; Roma)
0.5
0.7 Dallo sp. bollo 'pane o dolce di forma tondeggiante' < lat. BŬLLA 'bolla'.
0.8 La voce non è presente nei principali repertori lessicografici dell'italiano. Nel corpus AtLiTeG la forma è attestata esclusivamente ne Lo scalco prattico (1627) di Vittorio Lancellotti, che descrive il buglios come una preparazione di notevole impatto scenografico: si presenta in forme differenti (cappello, rosone e stella) ed è ricoperto da uno strato di glassa e varie decorazioni.
Si tratta di una sorta di torta a strati, separati da sfogli di pasta fritta la cui forma definisce la foggia del buglios. Tali strati, che si ripetono secondo un ordine fisso, sono in numero variabile, da otto a dodici, e prevedono l'impiego di ingredienti diversi per ogni "ordine"; tra essi si citano più frequentemente bianco mangiare, cotognata, pasta reale, marzapane, pignoccata e pistacchiata. Il primo strato, che può ripetersi più volte, è sempre composto di tuorli d'uovo cotti in acqua e zucchero. La pasta ricopre l'intera torta, che viene poi anche rivestita con una glassa e decorata. La variante più complessa, composta di dodici ordini e in forma di cappello, è parte di un banchetto ospitato dal cardinale Ippolito Aldobrandino nel 1626.
La preparazione pare riprendere il bollo spagnolo, termine che designa primariamente pani o dolci (cfr. bollo maimón) di forma tondeggiante, coerentemente con il rimando etimologico al lat. BŬLLA 'bolla' (DCECH); le prime attestazioni di questa accezione si rinvengono nel Universal vocabulario en latín y en romance (1490) di A. De Palencia e nel Vocabulario español-latino (1495) di A. De Nebrija: «bollo de pan. Spira panis. Orbis panis». Nel Seicento spagnolo il termine identifica però anche una preparazione assai più complessa, affine a quella proposta da Lancellotti: si vedano le ricette presenti in Arte de Cozina, pasteleria, vizcocheria y conserveria (1611) di Francisco Martínez Montiño, cuoco alle corti dei re Filippo II, III e IV, e in particolare il suo bollo sombrero.
Una fonte coeva al Lancellotti, il Vocabolario español-italiano (1620) di L. Franciosini, si limita a definire bollo come «un carollo, un berlingozzo, o ciambella, vale pasta mescolata, o intrisa, con huova, e altre cosa, e in forma rotonda, e assai grossetta». Degna di nota, perché pare suggerire una evoluzione del referente, è inoltre la definizione offerta dal Diccionario de autoridades (1726-1739), che parla di «panecillo esponjado de varias figuras y tamanos, y amasado con diferentes ingredientes: come leche, mantéca, huevos, giste, azùcar, etc los quales se usan para tomar chocolate».
Sp. bollo continua anche in boglio 'panetto di cioccolato', attestato nel solo Redi (1685: 184), e in nap. buglio 'tavoletta di cioccolato' (Altamura: 1968).
0.9 Categorie
0.11 Altamura 1968; DCECH; De Palencia 1490; Diccionario de autoridades 1739; Franciosini 1620b; Nebrija 1495; Montiño 1611; Redi 1685: 184.
Autore della scheda: Giovanni Urraci
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/367