0.1
0.2
0.3
0.4 manfrigo (Libro de arte coquinaria [ms. Washington], sec. XV ultimo quarto, Lazio).
0.5
0.6 manfrigoli (av. 1589, T. Garzoni «così [ci sono] le varie specie di minestre, come... erbicine, ongaresca, orzata, manfrigoli... ed altre sorti», GDLI, con il significato di 'maccheroncini con uovo, tagliati da una pasta completamente arrotolata sul matterello'; Zanini De Vita 2009 'formato di pasta simile ai cannelloni, tipici della Valtellina'); manfrigo (GDLI 'farinata di frumento o granturco'); manfrégoli (GDLI); manfrìcolo (GDLI; GRADIT 'maccheroncino tipico della cucina umbra'; Zanini De Vita 2009 'formato di pasta simile, per forma, al cuscus, tipico della Romagna'); manifrégoli (GDLI); manfrigul (Zanini De Vita 2009 'formato di pasta simile, per forma, al cuscus, tipico della Romagna'); manfriguli (Zanini De Vita 2009 'formato di pasta simile ai cannelloni, tipici della Valtellina'); manfrigne (Zanini De Vita 2009 'gnocchetti verdi tipici della Lombardia').
0.7 composto di manus 'mano' e frĭcāre 'strofinare, sminuzzare'.
0.8 Il termine è da interpretare come un composto di manus e frĭcāre ‘strofinare, sminuzzare’, con evidente riferimento all’operazione necessaria alla preparazione della pastina (partendo dalla forma manfrégoli, DEI propone un'origine da mano e fregare). La voce è da avvicinare a manfricolo, le cui varianti, distribuite nell’Italia centrale e settentrionale, sono impiegate per definire diversi formati di pasta (cfr. Zanini De Vita 2009: 62-169-176, supra). Come segnalato da Guazzelli (2000: 119-120), varianti della parola sono anche utilizzate, in area lombarda e in alcune aree della Toscana, per definire preparazioni di consistenza più o meno liquida, simili a una sorta di polenta o farinata. Secondo Guazzelli, le forme del tipo manfricolo sono da ricondurre a manus e *frĭcŭlāre ‘strofinare’ (derivato di frĭcāre ‘id.’, con suff. diminutivo), cui è riportata anche la voce frìncoli, con medesimo significato ma diatopicamente circoscritta alla Media Garfagnana.
Nel corpus, la voce è attestata esclusivamente nei ricettari di Maestro Martino, ed è utilizzata per definire un formato di pasta minuta adatto alla cottura in brodo, che si otteneva a partire da un composto a base di pane, uova e fior di farina lavorato con le mani per realizzare delle briciole, poste ad asciugare dopo l’abburattamento della farina in eccesso. La pastina così ottenuta, probabilmente simile al formato oggi noto come fregula, era poi cotta in un brodo di carne o pollo e condita con formaggio e aromi. Il Platina recupera la ricetta di Martino, definendola «ius in pane» ‘brodo col pane’ (cfr. Carnevale Schianca 2011 s.v. manfrigo; per la relazione tra il Platina e Martino cfr. Benporat 1996). Sulla relazione sinonimica tra manfrigo e millinfanti che emerge in Martino, cfr. Brusamolino 2009.
La locuzione zuppa alla monfrigò, attestata esclusivamente nel Nuovo cuoco milanese economico, sembra indicare una preparazione molto simile alla minestra di manfrighi dei ricettari di Martino, rispetto alla quale differisce per la composizione della pastina, qui a base di farina, uova, mascarpone e formaggio. Rimane tuttavia poco chiara la forma monfrigò.
0.9 Categorie
0.10.1 millefanti (s. m. pl. ) ,
0.11 DEI 2344; GRADIT s.v. manfricolo; Benporat 1996; Brusamolino 2009; Carnevale Schianca 2011; Guazzelli 2000; Zanini De Vita 2009.
Autore della scheda: Lucia Buccheri
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/390