0.1
0.2
0.3
0.4 millefanti (Libro dello scalco, 1609; Roma)
0.5
0.6 millefanti (DEI, senza esempi e GDLI, senza esempi); melinfanti (DEI, senza esempi).
0.7 Etimo incerto; vedi commento.
0.8 La minestra di millefanti è una preparazione diffusa fino al Novecento: nel corpus AtLiTeG la voce è documentata dal XVII al XIX secolo, nelle due forme millefanti e mille fanti, ma è già attestata nell'Opera di Bartolomeo Scappi (1570). Secondo l'ipotesi di Alessio 1977: 272-273, il vocabolo millifanti deriverebbe dal latino tardo bonifatus: sarebbe infatti il risultato di una serie di corruzioni, dal latino tardo bonifatus fino al toscano manifatoli (forse per una catena di associazioni e fraintendimenti bonus > malus >, malus > manus), poi degenerato nel tarantino melifante, nel siciliano melifanti, fino a millifanti o millefanti, documentato ancora oggi nell'Italia meridionale; il toscano manifatoli, evidentemente interpretato come 'fatti a mano', potrebbe costituire un punto di collegamento con il sinonimo manfrigo (Carnevale Schianca 2011: 404). Il GDLI (che non riporta esempi), propone invece la derivazione del vocabolo da mille e fante, e definisce i millefanti come «'pasta composta di farina bianca, formaggio, tuorlo d’uovo, zucchero e zafferano in forma di piccole figure umane' e, per estens., 'vermicelli, tagliatelle. Anche: tipo di minestra, simile alle stracciatelle, che si prepara con tale pasta». La minestra di millefanti è probabilmente da ricondurre alla suppa di fanti, descritta nel capitolo delle Suppe del Libro de la cocina: «Togli rape sença foglie, bullite, e, gittata via l’acqua, togli pane insuppato nel brodo de la carne, e le dette rape, e cascio grattato, e grasso di carne; a suolo di l'uno e a suolo di l'altro fa' una suppa, che si chiama suppa di fanti» (cfr. anche Martellotti 2024: 265). Per quanto riguarda la preparazione dei millefanti, esistono differenze tra le ricette (riportate da Carnevale Schianca 2011: ibid.): si preparano stendendo la sfoglia di pasta all'uovo e triturandola col coltello, con ripetute spolverature di farina (come avviene per i malfatti), e si cucinano in due modi, cuocendoli nel latte vaccino o pecorino con un poco di brodo, oppure solamente nel brodo, per poi servirli nelle scodelle con sopra formaggio grattato, zafferano e spezie; oppure presentano una preparazione identica a quella dei manfrighi (vd.) proposta da Maestro Martino.
0.9 Categorie
0.10.1 manfrigo (s.m.) , zuppa (s.f.) ,
0.11 DEI; GDLI; Alessio 1977: 272-273; Artusi 2010: 84 e nota 39; Carnevale Schianca 2011: 404.
Autore della scheda: Chiara Murru
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/291