0.1
0.2
0.3
0.4 sapa (Frammento d'un libro di cucina, 1397; Toscana occidentale).
0.5
0.6 sapa (Antidotarium Nicolai volg., XIII ex. (fior.), Corpus OVI; Palladio volgarizzato, prima metà XIV sec., Crusca I-IV e TB; Zucchero Bencivenni, Libro della consolazione delle medicine simplice solutive, prima metà XIV sec., GDLI; CA 1, CA 2, DM 1, GRADIT, DEI, Nocentini);
saba (Zingarelli 2023).
0.7 Dal lat. sapa (DEI).
0.8 Attestato nel corpus AtLiTeG tra XIV e XVIII secolo, il sostantivo sapa (anche nelle forme sabba e saba) indica il mosto cotto, adoperato per la preparazione di pietanze dolci (in particolare per la realizzazione di composte di frutta) e salate. Rigutini-Fanfani ricorda il modo di dire «Dolce come la sapa, dicesi di cosa che abbia sapore assai dolce». Come spiega Artusi 2010: 738, «la sapa, ch'altro non è se non un siroppo d'uva, può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti. È poi sempre gradita ai bambini che nell'inverno, con essa e colla neve di fresco caduta, possono improvvisar dei sorbetti». Artusi prescrive l'utilizzo della sapa per realizzare i crescioni, il pesce marinato, i tortelli di ceci e il migliaccio di Romagna.
0.9 Categorie
0.11 CA 1; CA 2; Crusca I-IV; DEI; DM; GDLI; GRADIT; Nocentini; TB; Zingarelli 2023; Artusi 2010: 738; Rigutini-Fanfani .
Autore della scheda: Chiara Murru
Pubblicata il: 31/05/2024
Condizioni accesso: Open Access
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/158