0.1
0.2
0.3
0.4 ramequins (Cuoco piemontese, 1766; Torino); ramechin (Il cuoco reale e cittadino, 1791; Bologna)
0.5
0.6 remequin (1773, L'Economia della città, e delta campagna: "ramequin volì au vent", Thomassen 1997: 231; 1803, V. Agnoletti, La nuova cucina economica: "Ramequins, o Ramechen", Thomassen 1997: 199; a. 1973, A. Boni, GDLI Suppl. 2009: 'piccolo bignè ripieno di prosciutto e formaggio che si consuma come antipasto'; nell'accezione 2 per estesione anche 'formina, per lo più di vetro o ceramica usata per preparare porzioni individuali di sufflè, sformato, budino e sim.’; GRADIT: 'Id');
ramechin (1724, Il cuoco reale e cittadino, Iacolare 2022: 1128); ramechen (1790, F. Leonardi, L'Apicio moderno II, L; 1803, V. Agnoletti, La nuova cucina economica: "Ramequins, o Ramechen", Thomassen 1997: 199).
0.7 Nessun riscontro nei repertori etimologici, ma vedi commento.
0.8 La voce è da ricondurre al francese ramequin (dal 1654, Schweickard 2007: 276; Thomassen 1997: 198), di origine discussa. Circa la discussione intorno all’etimo remoto della parola francese, variamente identificato nell’olandese rammeken (FEW 16, 657b), nel basso tedesco ramkin (REW) e infine l’alto tedesco ramchen (da rhamcrême, Boulan 1934: 151 e 173), oltre ai repertori e agli studi menzionati si rinvia a Valkhoff (1936: 193-194) e Dupire (1934: 104).
Come si evince anche dal nostro corpus, il prestito è documentato in italiano sia in forma integrale, sia in forme adattate graficamente e fonograficamente (cfr. Thomassen 1997: 198-199). Il termine compare per la prima volta nel tipo ramechin a partire dalla prima edizione del 1724 del Cuoco reale e cittadino (cfr. Iacolare 2022: 1128), presente nel nostro corpus nell’edizione del 1791; in quest’ultima si rinviene anche la forma rumochin.
In sincronia il vocabolo è vitale nella forma integrale; è messo a lemma da GDLI Suppl. 2009 e GRADIT in due accezioni: la prima di ‘piccolo bignè ripieno di prosciutto e gruviera che si consuma come antipasto’ documentata al 1973; la seconda, per metonimia, di ‘formina spec. di vetro o ceramica per preparare porzioni individuali di sufflè, sformato, budino e sim.’ dal 2007 (in fr. dal 1957 ‘petit récipient utilisé pour la cuisson au four ou au bain-marie’, TFLi). Quanto al referente, secondo il Dictionnaire de l'académie des gastronomes (1962) citato da TFLi esistono molte ricette di ramequin, che variano a seconda dei tempi e dei luoghi, più o meno quasi tutte riconducibili odiernamente a una tartelletta farcita con una crema di formaggio grattugiato e fortemente pepata, o a una pasta choux al formaggio. Questa varietà è ben rappresentata nel nostro corpus, in cui ramequin e i suoi vari adattamenti designano diversi tipi di vivande, nella quasi totalità dei casi preparate con formaggio e uova come ingredienti principali. Fanno eccezione i ramequins di meliga alla marmellata proposti da Vialardi, dolci impanati e fritti, preparati con due strati di un composto assimilabile a una polenta dolce in mezzo ai quali viene posto un ripieno di marmellata.
0.9 Categorie
0.11 GDLI Suppl. 2009; GRADIT; FEW 16, 657b; REW; TFLi; Boulan 1934: 151 e 173; Dupire 1934: 104; Iacolare 2022: 1128; Leonardi 1790: II, LV; Schweickard 2007: 276; Thomassen 1997: 198-199, 231; Valkhoff 1936: 193-194.
Autore della scheda: Francesca Porcu
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/268