0.1
0.2
0.3
0.4 fegatelli (Modo di cucinare et fare buone vivande, 1325; Firenze)
0.5
0.6 fecatelli (av. 1440, S. Prudenzani, Saporetto in Arte della cucina [ed. Milano 1966]: " Per ensalata, estremità d’ucelli, / sì comme di fasciani et oche e polli, / alon, ventricchi e fecatelli e colli, / con aceto, cipolla e petroselli", GDLI).
fegatelli (dal sec. XIV m. nel senso di 'fegato di di animali diversi dai bovini, servito come pietanza o per preparare dei condimenti' e, dal 1363 nel Libro di spese del monastero di Santa Trinita di Firenze, in quello di 'pietanza a base di fegato di maiale avvolto nell'omento dello stesso animale' TLIO; Crusca II-V; TB; GDLI; CA 1, CA 2; SC; GRADIT; Zingarelli 2023; ArchiDATA).
fegatello (av. 1708, I. Neri, La presa di San Miniato [ed. Empoli, 1966]: "Chi la forchetta impugna, e di lontano / ch’infilza una polpetta e un fegatello, / chi fa la guerra addosso ad una torta" GDLI; Crusca II-V; TB; SC; GRADIT; Zingarelli 2023; ArchiDATA).
0.7 Da fegato (DELIN).
0.8 La voce fegatelli è attestata nel nostro corpus a partire dal secondo quarto del Trecento. È possibile rintracciare all’interno del corpus AtLiTeG le prime attestazioni delle forme fegatelli (Modo di cucinare et fare buone vivande, 1325; Firenze), fecatelli (Anonimo Mediano, 1400; Italia mediana), fegatello (Libro de la cocina, 1366; Toscana sud-orientale), figatelli (Liber de coquina (B), 1366; Napoli) (cfr. campo 0.4). I significati rintracciati sono quelli di ‘fegati animali serviti come pietanza, spesso usati per salse o ripieni’ e, quello di ‘pietanza a base di fegato avvolto nell'omento’. Sulla base dei contesti emerge, oltre alla cottura semplice, l’uso dei fegatelli per sapori e salse oltre che per torte ripiene. La preparazione più diffusa, dalla fine del Quattrocento, è quella che prevede di avvolgere i pezzetti di fegato nell’omento e arrostiti di solito in padella o allo spiedo (cfr. Carnevale-Schianca 2011: 227-228). La cottura non deve prolungarsi troppo per evitare che la carne si secchi e si indurisca, come leggiamo in L'Arte di convitare (1851 (1ª ed.), Milano): «Perdoneranno, ma è stata una gran petulanza la nostra di voler abusare della loro bontà: loro che saranno avvezzi a pranzi di cuochi, ma di quei delle feste, adattarsi a venire da noi a mangiare i fegatelli! Fossero almeno riesciti bene: ma sono stracotti e diventati duri come le suole dei miei stivali: basta, in questo mondo bisogna passarne di ogni sorta». Fegatello deriva da fegato, di cui DELIN ipotizza la derivazione dal latino ficatum, «formato ad imitazione del gr. sykōtón, che, a sua volta, derivava da sykon 'fico'. Significava dapprima 'ingrassato coi fichi' ed era un termine tecnico dell'arte culinaria. I Greci, infatti, usavano ingrassare alcuni animali (maiale e soprattutto oche) con abbondanti pasti di fichi; in questo modo il fegato si ingrossava e prendeva uno speciale sapore gradevolissimo». Si ricorda che «il lat. ficatum, che dapprima si riferiva solo al fegato di animali ingrassati coi fichi, ha pian piano fatto scomparire la voce iecur [che era la voce del latino classico, d'origine indeuropea, per indicare il 'fegato']; ma, oltre a conservarsi sotto l'aspetto di ficátum in buona parte della Romània [veneto figà e rumeno ficat], si è trasformato in *ficatum [...] e poi *fécatum (> it. fegato)» (DELIN).
0.9 Categorie
0.11 ArchiDATA, CA 1, CA 2, Crusca II-V, DEI, DELIN, EVLI, GDLI, GRADIT, LEI, TLIO, TB, SC, Zingarelli 2023. Carnevale-Schianca 2011: 227-228.
Autore della scheda: Valentina Iosco
Pubblicata il: 31/05/2024
Condizioni accesso: Open Access
Licenza di utilizzo: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it
Copyright: AtLiTeG
Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/265