0.1
0.2
0.3
0.4 parmesane (Liber de coquina (A), 1308-1314; Napoli); parmigiana (Modo di cucinare et fare buone vivande, Sec. XIV primo quarto; Firenze)
0.5
0.6 parmigiana (TLIO, nel sintagma torta parmigiana 'preparazione a base di carni e verdure disposte a strati'; GDLI, nei sintagmi melanzane alla parmigiana e parmigiana di melanzane e s.v. parmigiano nel sintagma torta parmigiana con il significato di 'che è proprio, tipico o riguarda Parma'; SC, s.v. parmigiano nel sintagma alla parmigiana 'particolare cottura al forno con formaggio e sugo di pomodoro'; GRADIT, nei significati di 'parmigiano' e di 'preparazione gastronomica di melanzane o zucchine alla parmigiana'; Zingarelli 2023, nel significato ellitt. di 'vivanda preparata alla parmigiana').
0.7 Dal lat. PARMA 'scudo'.
0.8 La voce parmigiana è documentata in AtLiTeG nel Tre-Quattrocento e nel Sette-Ottocento. Il DELIN pensa a un detoponimico da Parma; così anche GRADIT, Zingarelli 2023 e, sul versante latino, Du Cange: "a Parma civitate Lombardiae sic dicta"; secondo Nocentini il rapporto sarebbe però solo indiretto. A (cacio) parmigiano propongono di risalire il DEI e il SC ipotizzando una derivazione dal nome di quello che diverrà solo successivamente un condimento della pietanza (vedi infra); dal Deonomasticon Italicum (DI) si ricava torta parmigiana 'tipo di torta' con attestazioni precedenti (dai "XII commensali" e dai ricettari federiciani: vedi 0.5) rispetto a quelle di cascio parmigiano, registrato soltanto a partire dal 1344. Dal VS si ricava poi una terza ipotesi incentrata su una possibile interferenza con il sic. parmiciana 'lista di legno della persiana', di cui la vivanda richiamerebbe iconicamente la sagoma (cfr. TLIO). La discussione etimologica ha trovato recentemente una risoluzione in Martellotti 2005 (96) e Lubello 2008 (321-322), con basi documentali più sicure: dal lat. PARMA ‘scudo rotondo, arma della fanteria leggera’ con riferimento alla struttura di contrafforte del portentoso pastello che, "prima di essere un contenuto, è una forma" (Montanari 2022). L'origine sarebbe arabo-persiana, il che non stupisce dato il forte debito contratto con l'Oriente della prima trattatistica culinaria italiana; tuttavia, è verosimile che gli arabi abbiano a loro volta ereditato la preparazione da civiltà più antiche: ne troviamo traccia in una delle ricette conservate su tre tavolette della Yale Babilonian Collection (1700 a.C. ca.), edite da Bottéro 1995. La ricetta babilonese consisteva in una elaborata costruzione di pasta ripiena di uccelli, frattaglie e spezie; l'aggiunta di datteri ne contraddistingue invece l'approdo nell'Europa medievale, ulteriore indizio di una derivazione per tramite orientale. L'attestazione nell'Anonimo Veneziano evidenzia la sua diffusione come piatto di pregio grazie ai caratteri di spettacolarità e grandiosità; viceversa, l'assenza in Maestro Martino mostra bene il cambiamento di gusto intervenuto nella società del Quattrocento. Alla sparizione dai trattati fa però da contraltare la sopravvivenza nelle cucine regionali meridionali, dove si assiste a una vera e propria "evoluzione in chiave vegetariana" della ricetta (Ruggiano 2015: 215); l'introduzione del formaggio parmigiano come condimento, attestata dall'Ottocento, fornisce inevitabilmente al gastronimo una motivazione secondaria (Nocentini).
0.9 Categorie
0.10.1 parmigiano (s.m.) ,
0.11 DEI; DELIN; Nocentini; TLIO; GDLI; SC; GRADIT; Zingarelli 2023; DI; VS; Al-Latîf 1964; Bottéro 1995: 11; Carnevale Schianca 2011: 668-670; Du Cange; Faccioli 1966: 43, 96; Flandrin-Redon 1981: 406; Lubello 2008: 321; Martellotti 1998: 7-14; 1999: 7-15; 2005: 271, 273; Montanari 2022: 18; Ruggiano 2015; Walde-Hofmann 1965: 265.
Autore della scheda: Francesca Cupelloni
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/255