torrone s.m. Revisionata

0.1

  1. Dolce a base di mandorle tostate, miele e albume, generalmente confezionato in stecche di diverse dimensioni.

0.2

  1. toroni -
  2. torrone -
  3. torroni -
  4. tourons -
  5. tourrons -
  6. turron -
  7. turroni -

0.3

  1. torroncino -
  2. torroncini -
crema al torrone - Napoli 1820 
gelato di torrone - Napoli 1852 
sorbetto di torrone - Napoli 1852
torrone bianco - Macerata 1820
torrone rosso - Macerata 1820 

0.4 toroni (Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale, 1549; Ferrara).

0.5

  1. Dolce a base di mandorle tostate, miele e albume, generalmente confezionato in stecche di diverse dimensioni.
    1. Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale (1549, Ferrara) = Coppette, toroni, calisoni, mostazzoli di zucchero. (Mem. Vr)
    2. Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale (1549, Ferrara) = E quivi si levò uno mantile, et ogni altra cosa di tavola, et si diede l’acqua alle mani e si portarono: Coppette 20 in pezzi, in piatelli 20. Toroni 20 in pezzi, in piatelli 20. (Conv. 18v)
    3. Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale (1549, Ferrara) = Di coppette et turroni in pezzi, piati 5. (Conv. 9v)
    4. L'arte di ben cucinare (1662, Mantova) = Al tempo del Natale piglia tre scatole di torrone fatto di mandole, e miele, pestandolo nel mortaro, vi aggiongerai quattr’oncie di conserva, e quattro chiare d’ova fresche, e di questa compositione ne farai un gentilissimo tortino per sei convitati. In progresso di discorso farò mentione come si debba adoprare questa conserva. (87)
    5. L'arte di ben cucinare (1662, Mantova) = Bacili d’amule di Marsiglia. Bacili di torrone. Bacili di varie compositioni di mostaccioli fatti con varii odori, e di varii sapori. (102)
    6. L'arte di ben cucinare (1662, Mantova) = Bacili di pomi d’Adamo conditi. Bacili di persicata. Bacili di pistacchi. Bacili di torrone. (119)
    7. La Nuovissima Cucina Economica (1814, Roma) = torrone ad uso di Benevento. Pelate sei libre di mandole, abbruscatele, e tritatele grossamente. Squagliate sei libre di miele naturalmente sul fuoco dentro uno stagnato, e passatelo per setaccio, tornate a metterlo nello stagnato, e quando sarà freddo poneteci due bianchi d’uovi sbattuti in fiocca. Mettete lo stagnato sopra un fuoco lentissimo, che lo tenga appena caldo, e con una spatola di legno maneggiate sempre, finché il miele arriverà a cottura, che messo nell’acqua si gelerà, e verrà come un vetro da spezzarsi senza attaccare sotto il dente; levatelo subito dal fuoco, e maneggiatelo finché sarà quasi divenuto freddo; allora uniteci due altri bianchi d’uovi in fiocca, rimettetelo con l’istesso fuoco, e fatelo tornare alla medesima cottura; uniteci poi una libra, e tre oncie di zucchero, e le mandole tiepide; mescolate bene tutto insieme, e quindi versatelo dentro le scattole di legno coperte di ostie bianche... (297)
    8. La Nuovissima Cucina Economica (1814, Roma) = Il torrone si può ancora fare in toteri, come ancora si può fare senza il zucchero, ma non resta tanto asciutto, e non viene allora di gran perfezzione. Nel torrone vi si può mettere ancora qualche pistacchio, come ancora i pezzi si possono coprire di una glassa stancheggiata. Nociata, o Nocchiata alla Napoletana (298)
    9. La Nuovissima Cucina Economica (1814, Roma) = Nociata, o Nocchiata alla Napoletana. La nocchiata si fa nell’istessa maniera che il torrone, ed invece delle mandole vi si mettono le nocchie, e così della nociata, che invece delle mandole vi si mettono le noci. (298)
    10. Il Cuoco maceratese (1820, 5ª ed. veneta, Macerata) = Composizione per torroni gelati. Prendete una libbra di amandole abbrustolite colla loro corteccia, pestatele e passatele per lo staccio, con quattr’oncie di seme di melone ed altre quattro di pignoli, stemprate ogni cosa con un boccale di latte, sbatteteci dodici rossi di uova ed una libbra e quattr’oncie di zucchero, unitelo, mischiatelo bene colla detta composizione, ponetela al fornello, mescolandola fino a tanto che comincia ad inverniciarsi il cucchiaio; quindi cavatela e passatela per lo staccio, ponetevi candito tritato e pistacchi; gelatela, informatela, ponetela sotto neve e quindi in stufa da gelo, e servitevene pel vostro bisogno. (288)
    11. Il Cuoco maceratese (1820, 5ª ed. veneta, Macerata) = Composizione per torrone bianco in salvietta. Prendete una libbra di amandorle, purgatele dalla loro corteccia e fettatele a forma di pignoli, ponetele al forno e fatele asciugar bene, ma non colorire; poi prendete una libbra di zucchero corto a caramella, meschiatevi le dette amandorle fettate, prendete un piatto cupo, untatelo con butirro e con carta, coprite il detto piatto, untate ancor la carta al di sopra, e sopra essa carta ponetevi con sollecitudine la composizione; spianatela eguale e ponetela in stufa e mandatelo in salvietta ec. (292)
    12. Il Cuoco maceratese (1820, 5ª ed. veneta, Macerata) = Composizione per torrone rosso. Prendete, purgate e tagliate le amandorle come sopra; prendete dieci oncie di zucchero ed infarinateci bene le dette amandorle; prendete una padella pulita, ponetevi butirro a sufficienza, ponetela al fornello, fate liquefare il butirro, e liquefatto, gittatevi le dette amandorle con zucchero e fatecele stare per sino a tanto che prendano il color di cannella chiara, mescolandole sempre; scolatele bene, ponetele nel piatto, aggiustate come sopra, ponetelo in stufa e servitevene. (293)
    13. Il Cuoco galante (1820, 6ª ed., Napoli) = [[crema]] Al torrone. — Si pestino mandorle brustolate con stecchi di cannella, cedro candito e coriandri, e tutto ben pesto si mescoli con li gialli di uova, latte e zucchero in giulebbe; e passato questo composto per setaccio, si farà cuocere, ed addensato si servirà la crema. (123)
    14. Cucina teorico-pratica (1852, 7ª ed., Napoli) = RIPOSTO e DESSERTS. pane. Vino di pasto [[...]] , una bottiglia di rosolio, gelato di torrone, bevanda di caffè, acqua gelata. (128)
    15. Cucina teorico-pratica (1852, 7ª ed., Napoli) = sorbetto di torrone. Prendi tre caraffe di latte di vaccina recentemente munto, ci scioglierai 24 torli d’ovi freschissimi, ci scioglierai libbre tre e mezzo di zucchero fiorettato, e lo farai lentamente cuocere girando spesso con mescola di legno onde non si attacci al fondo del polsonetto o in una delle caldaie addette al Riposto; e quando la mescola la vedi verniciata, allora toglierai dal foco, lo passerai per setaccio e lo porrai in una sorbettiera, e questa in un tinello con acqua a raffreddarsi; frattanto prendi una libbra e mezzo di mandorle dolci, le pelerai con acqua bollente, l’asciugherai e le brustolirai di bel colore carmelitano, di poi le pesterai ben fine e le scioglierai benissimo in una caraffa d’acqua; e questa l’unirai alla dose precedente, che ripasserai di bel nuovo tutto insieme per setaccio, che riporrai novellamente a rinfrescare come prima; finalmente porrai in neve, giusta il prescritto fatto pel sorbetto, e ne farai lo schiumone. (131)
    16. Cucina teorico-pratica (1852, 7ª ed., Napoli) = Tourons. Prendi sei once di mandorle, le scorzerai con acqua bollente, le triturerai in piccolissime fettoline, le porrai in una casseruola piatta con la corteccia di un cedro verde grattugiato, e sopra il calorico di pochissimo foco rivolterai sempre per farle disseccare; quando saranno ben disseccate, le toglierai dal foco e le farai raffreddare, indi le mescerai con tre chiara d’ovi battute alla fiocca, ci mescolerai ancora quattr'once di zucchero fiorettato, e farai come una pasta molle maneggiabile; ne farai tante piccole palle perfettamente rotonde, oppure de’ piccoli torroncini o bacchettini: porrai sopra de’ fogli di carta, polverizzandoli con zucchero, e farai disseccare a forno lentissimo. (93)
    17. La Cuciniera genovese (1893, 8ª ed., Genova) = Turron; torrone. (327)

0.6 torrone (1549, Cristoforo Messi Sbugo, Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale, GDLI; 1726, Annotazioni di A. M. Salvini sopra la Fiera di M. A. Buonarroti il giovaneTB; anche in Crusca V s.v. miele e mele; GRADIT, DISC, Zingarelli 2023).

0.7 Dallo spagnolo turròn, da turrar 'arrostire' (DELIN, ma cfr. infra).

0.8 Attestato dal XVI sec. fino alla fine del periodo coperto dal nostro corpus, a partire dai Banchetti di Cristoforo Messisbugo, torrone ricorre nel corpus AtLiTeG come dolce sia nella sua tradizionale forma, confezionata in stecche di diverse dimensioni, sia come base di varie preparazioni dolci (come il sorbetto o il gelato di torrone, entrambi attestati in area napoletana). La voce ha un'etimologia discussa. Miola 1940 riporta diverse ipotesi: dal latino turunda 'specie di focaccia sacra' (Caix), con una connessione col greco tyròs 'cacio' e coi verbi turare e turgeo 'crescere, gonfiarsi' (Solmsen); da torre, per la forma piramidale talvolta assunta dal dolce (Körting); dal latino torrere 'cuocere' (Palazzi). Secondo Miola, l'etimo più probabile è quello proposto da Cocchia, che ricollega l'uso del dolciume al culto di San Martino, vescovo di Tours, città capoluogo dei Turoni («il cibo, dedicato alla glorificazione del santo, avrebbe preso dalla sede episcopale di lui il nome di panis turonis o Turonensis», ibidem), ma Tours come etimo è smentito implicitamente da DI s.v. Tours
Il vocabolo è in realtà probabilmente un ispanismo, da turron, a sua volta dal verbo turrar ‘arrostire’: spiega Prati 1946 che «i torroni spagnoli dovettero arrivare prima a Napoli, al tempo della signoria spagnola: la prima notizia riguardante codesto mandorlato in Italia è nel Lombardi (La Ciucceide XII 17, a. 1674), il quale parla di una tenna co na banca de terrone».  La Ciucceide è in realtà del 1726; la prima attestazione napoletana sembra essere invece ne Lo Tasso napoletano, zoè la Gierosalemme libberata votata a llengua nosta, del 1689, dove si legge: «’Mausse è na cetà che sta llontana / da la matròbbele otto miglia bone; / comme da ccà ad Averza ha la via chiana, / e ha mmozzarelle, grano e affì terrone»; lo stesso autore spiega in nota che il terrone è «una sorta di cibo fatto con mandorle o nocciuole cotte con miele, ed ammassate insieme, se ne formano pezzi a guisa di verghe: si chiama da noi terrone, da quel tor tor, romore che fa in bocca masticandolo; nella nostra città di Aversa si lavora ottimo».
Come spiega DELIN, «l’ipotesi [[di Prati]] è tuttora sostenibile, anche se la presenza di torrone nel Messisbugo scalza la priorità napoletana, ma è sempre un testo non privo (tutt’altro) di ispanismi» (cfr. anche Catricalà 1982: 188).

0.9 Categorie

0.11 DEI; DELIN; GDLI; GRADIT; Nocentini; SCTB;  Zingarelli 2023; Catricalà 1982; DI; Miola 1940; Prati 1946.


Autore della scheda: Chiara Murru

Pubblicata il: 31/05/2024

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