0.1
0.2
0.3
0.4 begnette (?), *beignet (Cuoco Piemontese, 1766; Torino).
0.5
0.6 bignè (1747, S. Maffei, Raguet, LEI, DELIN, Zingarelli 2023; 1773, V. Corrado, Cuoco galante, Thomassen 1997: 76; 1890, C. Arlìa, Corrotta italianità: GDLI; DISC; GRADIT).
beignet (1891, P. Artusi, La scienza in cucina, ArchiDATA, GRADIT), bigné (1923-1939, V. Ojetti, Cose viste, GDLI).
0.7 Dal fr. beignet 'pietanza impastellata e fritta' (LEI, 8,170), attestato già nel 1314 (nella forma bignet: TLFi, s.v. beignet).
0.8 L'etimo remoto sarà il prelat. *buni̯- ‘di forma gonfiata o cava’ (LEI 8,169). Per quanto riguarda la locuzione alla bignè (e le sue varie forme), non si rinviene documentazione di un sintagma fr. *à la beignet tra XVIII e XIX secolo, per cui andrà esclusa l'ipotesi del calco. Il tipo presenta diverse oscillazioni nelle sue attestazioni. Innanzitutto di genere: non sembra infatti possibile individuare nel periodo in questione un genere portante (si noti che Leonardi e Agnoletti, entrambi romani e pressappoco nello stesso periodo, usano il tipo con generi diversi); si lemmatizza pertanto secondo il genere grammaticale corrente. E poi formali, con i diversi gradi di adattamento del prestito esibiti dalla documentazione. Relativamente alle forme concorrenziali bignè e bigné, oggi parimenti documentate nel panorama italoromanzo (LEI 8,169), la prassi tipografica dei secoli XVIII e XIX rende prudente immaginare che il quadro della distribuzione delle forme non rispecchiasse in maniera affidabile il reale timbro della vocale finale del tipo. Per quanto riguarda invece la forma begnette, hapax attestato nella princeps del Cuoco piemontese, si rileva che l'editore moderno Serventi ha ritenuto opportuno correggere la lezione in beignets, forma morfologicamente vicina all'etimo francese e attestata anche in contesto letterario nel XX secolo (Valenti 2005: 70); data anche la dittologia con fritelle nell'indice del testo (sign. 1, es. 1), la correzione non sembra tuttavia necessaria, resistendo l'ipotesi di un tentativo di adattamento del prestito al sistema fonomorfologico dell'italiano: pertanto la forma è stata mantenuta tra la documentazione.
Sul piano dei repertori lessicografici, nel GRADIT (s.v. beignet) e nel DELIN (s.v. bignè) sussiste secondo Ludovica Maconi (ArchiDATA, s.v. beignet) una «discordanza tra la definizione del lemma ('pasticcino tondo, cotto in forno e ripieno di crema') e l’esempio usato per la datazione [1747] della parola». L'attestazione nel Raguet di Scipione Maffei, proposta da entrambi i dizionari, designerebbe infatti un bignè 'pasta fritta lievitata e gonfia, spesso farcita; frittella' (cfr. anche Frosini 2009: 324), mentre bignè 'pasticcino tondo, cotto in forno e ripieno di crema, dolce o salata' non sarebbe attestato che dal 1891 in Artusi (nella forma beignet: ArchiDATA, l.c.). Muovendo dalla nostra documentazione (sign. 4) si apprende che l'associazione tra il tipo lessicale e la prassi della cottura al forno vigeva già nel 1790, data della prima edizione dell'Apicio moderno (Leonardi 1790, IV p. 288).
Il tipo è infine molto produttivo nella formazione di sintagmi; se ne distinguono principalmente di due tipi (nel campo 0.3 una selezione necessariamente ristretta): quello bignè di + X, nel quale X rappresenta la pietanza principale della preparazione, e quello bignè alla + X, talvolta caratterizzato da motivazione analoga ma non sempre trasparente (sulla produttività e sulla variabilità del sintagma alla + X nella lingua del cibo si vedano d'altronde Fusco 1995 e Thomassen 1998).
Si segnala a parte la presenza nel corpus del sintagma minestra bignè in Odescalchi 1826 (I, p. 8), utilizzato come titolo di una ricetta che richiedeva la cottura in brodo di un impasto rappreso e tagliato in pezzi. Il contesto è assente dalla documentazione per la sua opacità, ma si dovrà probabilmente pensare a un'ellissi preposizionale a partire da un sintagma come minestra di bignè, motivabile a partire da un accostamento tra la forma dei bignè propriamente detti e quella dei pezzi di impasto ottenuti tramite taglio (l'ipotesi appare più economica rispetto a quella che vorrebbe un valore aggettivale del tipo o un composto nome + nome, non documentato in sintagmi con minestra come testa).
0.9 Categorie
0.10.1
0.11 LEI, DEI 517, DELIN 214, GDLI, DISC, GRADIT, Zingarelli 2023, ArchiData, Dardi 1992, Frosini 2009, Fusco 1995, Thomassen 1997, Thomassen 1998, Valenti 2005.
Autore della scheda: Salvatore Iacolare
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/139