pappardella s. f. Completa da revisionare

0.1

  1. tipo di pasta tagliata a strisce larghe, simile alle lasagne.
  2. frittella tonda di ricotta o diverso formaggio e altri ingredienti (anche nella loc. pappardelle alla romana)
  3. nella loc. pappardelle di monache: 'dolci, prob. frittelle, ricoperti di zucchero'
  4. biscottino tondo
  5. sorta di raviolo

0.2

  1. papardella -
  2. papardelle -
  3. paparelle -
  4. pappardelle -

0.3

pappardelle alla fiorentina - Firenze 1560; 
pappardelle alla romana - Firenze 1560; Roma 1627;
pappardelle di monache - Roma 1627;

0.4 pappardelle (Singolar dottrina, 1560; Firenze), ma già in Libro della Mensa (di prossima immissione in banca dati)

0.5

  1. tipo di pasta tagliata a strisce larghe, simile alle lasagne.
    1. Singolar dottrina (1560, Firenze) = Lepri con pappardelle. Cap. LVI. Bisogna che habbiate una lepre grassa, che non sia stata sparata, che sia stata presa di fresco, e gli farete un poco di taglio, tanto che destramente se ne cavan le budella e le trippe, mettanvisi dentro due ciocche di salvia rosmarino e alloro, lasciatela star tanto che divenga frolla, scorticatela, abbruscatela, levategli il fecato, il pulmone e tutto il sangue, mettetelo in un vaso polito. Tagliate tutte le parti dinanzi della lepre, lavatela con l'acqua con la quale si cocerà con il pulmone e fegato del medesimo vaso, accioché sia piu sanguinosa, e lavate con esso un poco di pugniticcio di porco domestico, cioé in quella parte dove il porco sarà stato ferito. Pigliate un pezzo di buon presciutto grasso e magro senza olio, dategli un bollo, e mettetevi a bollire con la lavatura ogni cosa, schiumatela una o due volte, quando la schiuma sarà grossa, fate che il brodo sia nero e pieno di sangue, e se il suo non basterà, pigliatene uno di porco. Quando farà schiumata mettavisi buona quantità di pepe acciaccato, e come è cotta, cavatela, da mettasi tutto il brodo in una cazzuola bene stagnata e quando comincia a bollire mettetevi delle lasagne sottili delicate e morbide, e di esse farete le scudelle, mangiando la carne co'l savor di peverata. (151r)
    2. Singolar dottrina (1560, Firenze) = Cap. LXIIII. Tutti questi volatili che saran giovani, grassi e frolli si prepareranno e arrostiranno nel modo del pavone vecchio; e si coceran come le lepre con le pappardelle saranno migliori assai li giovani, e saran migliori così cotti freddi che caldi. (155v)
    3. Singolar dottrina (1560, Firenze) = Pappardelle alla fiorentina, Pancia di ruffolatto in peverone. (175v)
    4. Nuovo cuoco milanese economico (1853, 3ª ed., Milano) = zuppa di Paparelle. 46. Impastate mezza libbra di farina con dodici rossi di uova, poco sale e mezzo bicchiere d’acqua, maneggiate il tutto bene, tiratela sottile più che sia possibile colla cannella, tagliatela in varie forme, formate delle paparelle ad uso lasagne e potrete grattugiare la pasta alla gratticola passandola al crivello; quando il brodo e il sugo bollerà, mettete la pasta a cuocere per un quarto d’ora, e giusta di sale servitela con sopra formaggio grattugiato. (21)
    5. Nuovo cuoco milanese economico (1853, 3ª ed., Milano) = Pollastro alle Paparelle. 5. Pulite il pollastro, montatele alla pivionesca colle zampe rivolte all’indietro o al di fuori, oppure rivolte nella manica; fiselatelo nelle estremità delle coscie obbligate al tamborino, formatelo, dando al petto una forma piuttosto rotonda, fatelo cuocere nella brasura semplice (cap. 22 n. 3); (67)
    6. Nuovo cuoco milanese economico (1853, 3ª ed., Milano) = zuppa di paparelle. 34. Impastate mezza libbra di farina di semola con tre uovi intieri, poco sale e poco acqua, manipolatela bene, distendetela sopra la tavola con la cannella, tiratela ben sottile, tagliatela fina, lasciatela asciugare un poco sopra la tavola e distendetela , indi fatela cuocere per un quarto d’ora nel brodo di sugo, unitegli del formaggio e servitela. (440)
    7. La Cuciniera genovese (1893, 8ª ed., Genova) = Pappardelle. Lasagnette; (312)
  2. frittella tonda di ricotta o diverso formaggio e altri ingredienti (anche nella loc. pappardelle alla romana)
    1. Singolar dottrina (1560, Firenze) = Ova messe alla romana. Cap. XCVIII. Prendansi disciotto uova e faccinsi cuocere in modo che vengano alquanto dure onde si possan mondare dalla scorzi, e cosi calde facciansi mondare e passar subito per stamegna, che se forsero fredde non si potrebbon pasare, e dentro visi metta una libra di zuccaro pista, e manco di mezza oncia de cannella, un poco di garofili, e un pocchetto di pepe, e mezza provatura, overo mezza libra di ricotta, e pistinsi e piglinsi delle herbe odorifere cioè, menta, persa, serpillo, e simili, ma non in gran quantità avertendo che ivi sian messe a foglia a foglia pistandosi solamente le foglie, poi incorporisi ogni cosa insieme, facendole tonde al modo delle pappardelle, mettendovi ove sbattute come se si volesse fare in frittata con zucchero dentro un poco di farina, e far al modo delle cepole, cocendole nello strutto con zuccaro e cannella sopra. (186v)
    2. Singolar dottrina (1560, Firenze) = Pappardelle. Cap. XCIX. Piglisi ricotta di pecora overo capra di peso di una libra, dui bianchi di uova e quattro oncie di zuccaro, e posta ogni cosa insieme, pistisi in un mortaio avertendo di non far la compositione troppo tenera, e di essa se ne farà ballottine al modo delle cepole, cocendole nello strutto di porco, come son rosolate, cavinsi in un piatto sbruffandole con un poco di acqua rosa, e zuccaro sopra. (187r)
    3. Opera (1570, Roma) = Pasticci di polpettoni di vitella di cinque libre per pasticcio. nu. 5 piatti 5 piatti 70 Secondo, e ultimo servitio di cucina. Oche alessate coperte di pappardelle, servite con cascio, zuccaro, e cannella sopra. nu. 5 piatti 5 (258r)
    4. Opera (1570, Roma) = Per fare un’altra sorte di frittelle, dal vulgo romano dette pappardelle. Cap. CXLIIII. Piglisi ricotta pecorina fresca, e con la stamigna spremisi fuora il siero, e per ogni libra d'essa ricotta tre ove, tre oncie di zuccaro, tre oncie di mollica di pane imbeverata nel latte di capra tiepido, e poi spremuto, e faccisi la compositione che habbia alquanto del sodo, et faccinsene frittelle col collo della caraffa, o con il cannone di ferro bianco, e frigghisino nel strutto, overo butiro liquefatto, e cotti che saranno servisino calde con zuccaro sopra. (371r)
    5. Lo scalco prattico (1627, Roma) = Crostate di pasta di marzapane, petto di piccioni arrosto, rossi d’ova siroppati, e fette di cedro condito; fatte con pasta di sfoglio, con butiro. Minestrina di torzi di carciofoli, uva spina, fettoline di sommata, bocconi d’animelle, herbette odorifere, brodetto d’ova fresche, con fette di pane sotto; un piatto per signore. Secondo servitio Galli d’India bolliti, coperti di papardelle alla romana, con zuccaro, e cannella sopra. (79)
    6. Lo scalco prattico (1627, Roma) = Pappardelle, fatte di bianco magnare, fritte, con zuccaro, e cannella, servite con un copertoro sopra à gelosia, di pasta di zuccaro. (203)
  3. nella loc. pappardelle di monache: 'dolci, prob. frittelle, ricoperti di zucchero'
    1. Lo scalco prattico (1627, Roma) = Pappardelle di monache, coperte con copertoro di zuccaro cannellato, tocco d’argento. Pasticcietti di cotogni, con copertorini di zuccaro violato, tocchi d’oro, e argento. (28)
    2. Lo scalco prattico (1627, Roma) = Strufoli, in bacili reali. Pappardelle di monache, servite con copertoro di zuccaro fatto à gelosia, tocco d’oro, posato sopra tartaruche, fatte di pasta di marzapane, tocche d’oro, e d’argento. (123)
    3. Lo scalco prattico (1627, Roma) = Prugnoli fritti, di bianco magnare. Pasticciotti di cotogni, con intaglio sopra, e cannelloncini confetti, conficcati sopra al cotogno. Tartufoli tartufolati, con fette di pane sotto. Tartufoli intieri, cotti sotto la bragia, con pepe, e sale. Lattemele, con suoi cartoccietti. Pappardelle di monache. Cialdoni reali. Pere fiorentine. Pere bergamotte. Mele rose. Mel’appie. Cardi, con sale, e pepe. Castagne con sale, e pepe. Olive. Finocchio. Cotognata di Portogallo, in scatola. Cotognate di Bologna. Avanti che fossero portati li frutti sopradetti, nostro signore di volta in volta andava regalando li signori cardinali delle vivande della sua tavola. (252)
    4. Lo scalco prattico (1627, Roma) = Pasticcietti di tartufoli. Tartufoli intieri cotti sotto la bragia, con salviette sotto, sale, e pepe, un piatto per signore. Pappardelle di monache . Offelloni ripieni di ova misside, e cedro condito, un piatto per signore. Lattemele, con suoi cartoccietti. Cialdoncini reali. parmigiano. Marzolino. Pere bergamotte. Pere fiorentine. Cardi, in tazze reali, con salviette sotto. Castagne, con sale, e pepe. Finocchio, un piatto per signore. (255)
  4. biscottino tondo
    1. Libro di secreti per fare cose dolci (1748, Sicilia) = |7v| [14] Maniera di fare biscottini fini Prenderete dell’ove fresche secondo la quantità che volete e li pesarete, e pesarete tanto zuccaro fino quanto pesano le dette ove, e metterete tutti li bianchi in una caldaia insieme col detto zuccaro e li sbatterete lo spazio di tre quarti d’ora; e poi ci metterete un giallo d’ovo alla volta con sempre sbattere. E messi che ci averete tutti e ben sbattuta che sarà la detta robba, ci metterete dentro il fior di farina, cioè un terzo meno del zuccaro, e maneggiarete bene insieme, e poi la metterete sopra le carte e li potete dar forma di castagnoni o pappardelle o altre forme di biscottini; e avanti di metterli al forno li spolverizzarete con zuccaro sopra; (28)
    2. Libro di secreti per fare cose dolci (1748, Sicilia) = e avanti di metterli al forno li spolverizzarete con zuccaro sopra; e se li volete dare qualche odore glielo potete dare. Se li fate castagnoni o pappardelle, farete le forme con le carte e non li spolvizzarete con zuccaro sopra, e li sbatterete a uso di biscottini tondi. (28)
  5. sorta di raviolo
    1. La cuciniera moderna (1845, Siena) = PAPARDELLE Prima di tutto farete la seguente farza. Procurate di avere della Carne cotta a lesso o in umido, nel primo caso deve esser di pollo, si metta nel mortaio con del prosciutto grasso noce moscada, qualche garofano, pepe e sale una midolla di pane inzuppate nel brodo, si pesti fine, e ciò fatto unitevi ancora un poco di burro e parmigiano grattato e quando unito avrete il tutto, passate con questa farza a riempire le papardelle fatte nel modo che andiamo a descrivere. Abbiate una falda di pasta da tagliatini tirata a finezza, che taglierete in pezzi di una figura a capriccio e piegando questi in qualche guisa dopo averli ripieni avrete ottenuto l'intento, e solo dovrete assicurarvi che la papardella sia ben chiusa, affinché non sfugga il ripieno. Si possono queste cuocere o in Coly lungo ossivero nel brodo, e servendole in tavola le sbrufferete di burro e parmigiano. (151)
    2. La cuciniera moderna (1845, Siena) = Pasta Sfoglia ripiena d'Uccelletti 82 Idem Sfoglia, e Frolla in Barachiglie 126 Idem alla Genovese 142 Principi di Tavola di Salpicò di fegatini 83 pangrattato alla Contadina 103 pasticcio all'Italiana 123 Idem freddo 124 Plum pudding all'Inglese 148 Papardelle 151 Pasta frolla di farina di gran turco ed anche dolce 153 pasticcio di Pasta frolla ripieno di funghi 154 Piatto di Pasticceria alla Tedesca 169 Q R Rapi bianchi crogiati 13 Ravioli 14 Riso alla Pollacca 66 Idem alla Veneziana 80 Idem Arrosto, o farzito alla Genovese 84 Idem alla Piemontese 92 Idem con Quaglie 112 Roselle d'Uova con Salza di Pomodoro 95 Rifreddo di Vitella con Aspych 143 Ratafia di Visciole 177 (189)

0.6 pappardella 'sfoglia di pasta tagliata a strisce' (1344-45, Libro della mensa, DELIN s.v. pappa; 1354-55, Giovanni Boccaccio, Corbaccio, TLIO; Crusca I-III: "Son propriamente le lasagne cotte nel brodo della lepre"; Crusca IV : "Lasagne cotte nel brodo, o colla carne battuta, ovvero col sangue della lepre"; TBCA 1 [paste lunghe piatte: "son le più larghe di tutte"], CA 2GDLI; GRADIT; SC). Pappardella 'frittella di ricotta' (1627, Lancellotti, Lo scalco pratico [Roma]: "pappardelle di monache, coperte con copertoro di zuccaro cannellato, tocco d’argento", GDLI).

0.7 Etimo incerto. Secondo Prati (LN, XX [1959], 46), la parola deriverebbe da pappa, ma «pare ammissibile che pappardelle e affini dipendano da un primitivo *pappardo o *papparda (cfr. mostarda ecc.), che s’appoggiano al prov. papard e a paparde del Folengo» (vedi DELIN)

0.8 Le prime testimonianze della voce pappardella/e non offrono  indicazioni precise sul formato della pasta: sia nel Libro della Mensa (vedi anche Frosini 1993: 63), in cui è tramandato il primo esempio finora noto della parola, sia nel Corbaccio di Boccaccio, posteriore di un ventennio rispetto al Libro, viene indicato solo il modo in cui esse venivano mangiate, ossia condite con cacio e cotte nel brodo. La prima impressione del Vocabolario degli Accademici della Crusca specifica la loro cottura nel brodo di lepre, che sembra richiamare un uso culinario diffusosi dopo il XIII secolo, specialmente a Firenze (Fanfani 1865, s.v. pappardelle registra: "Lasagne cotte nel brodo o colla carne battuta della lepre […]", e in Rigutini-Fanfani 1875 s.v. pappardelle: "Lasagne cotte nel brodo, e poi battutovi la carne della lepre, e condite col sugo di essa lepre"; ancora in Petrocchi: "Lasagne col brodo e sugo specialm. di lepre").  Il secondo significato rintracciato in AtLiTeG fa riferimento a 'frittelle di  ricotta', dalla forma tonda, cotte nello strutto. La prima attestazione finora nota di pappardelle con questo significato è stata rintracciata dal GDLI ne Lo scalco pratico di Lancellotti, edito a Roma nel 1627. Anche nella Singolar dottrina di Panonto, edita nel 1560, si attesta la voce pappardella 'frittella', che è da riconnettersi con probabilità alla locuzione pappardelle alla romana, che nel testo si contrappone a pappardelle alla fiorentina 'lasagnette', queste ultime sempre presentate con l'immancabile brodo di lepre; tale attestazione, dunque, migliora notevolmente la datazione riferita dai lessici descrittivi. Un'altra importante attestazione di pappardella 'frittella', tra l'altro, si trova nell'Opera di Bartolomeo Scappi, in cui le pappardelle sono definite: "frittelle dal vulgo romano dette pappardelle" (Scappi 1570: [Libro V] 312; nella ricetta si fa riferimento a pallottole di pasta fritte nello strutto o nel burro e ricoperte di zucchero e cannella.  Al di là della presenza della ricotta come ingrediente principale, il termine pappardella inteso come 'frittella tonda' pare essere un'accezione specifica del centro Italia. 
Resta dubbia la locuzione pappardelle delle monache attestata nel ricettario di Lancellotti, la quale potrebbe indicare dei semplici pezzi di pasta fritta ricoperta di zucchero glassato. 
 simili ai dolci che, specie nella parte centro-settentrionale della penisola, oggi prendono il nome di chiacchiere delle monache, tipicamente preparati durante il periodo del Carnevale. Si potrebbe aver avuto un passaggio da pappardella a chiacchiera per via popolare. Il significato di pappardella 'discorso privo di costrutto' è documentato dal DELIN a partire dal 1814, probabilmente derivato dal piemontese papardela 'manifesto, affisso', a sua volta derivato dal provenzale papard 'pappa', "attraverso il senso figurato di una lunga scrittura inconsistente".  Nella Singolar dottrina si registra frittelle di monache; nel Libro dello scalco, invece, si registra ciambelline di monache.
Nessun riscontro di pappardelle nella lessicografia, invece,  nel sign. n. 4 (v. campo 0.5).

0.9 Categorie

0.11 CA1; CA2Crusca I-V; DEI; DELIN; GDLI; GRADIT; Nocentini; TLIO; TB; SC;  Frosini 1993; Prati 1959.


Autore della scheda: Monica Alba

Pubblicata il: 31/05/2024

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