0.1
0.2
0.3
0.4 pappardelle (Singolar dottrina, 1560; Firenze), ma già in Libro della Mensa (di prossima immissione in banca dati)
0.5
0.6 pappardella 'sfoglia di pasta tagliata a strisce' (1344-45, Libro della mensa, DELIN s.v. pappa; 1354-55, Giovanni Boccaccio, Corbaccio, TLIO; Crusca I-III: "Son propriamente le lasagne cotte nel brodo della lepre"; Crusca IV : "Lasagne cotte nel brodo, o colla carne battuta, ovvero col sangue della lepre"; TB; CA 1 [paste lunghe piatte: "son le più larghe di tutte"], CA 2; GDLI; GRADIT; SC). Pappardella 'frittella di ricotta' (1627, Lancellotti, Lo scalco pratico [Roma]: "pappardelle di monache, coperte con copertoro di zuccaro cannellato, tocco d’argento", GDLI).
0.7 Etimo incerto. Secondo Prati (LN, XX [1959], 46), la parola deriverebbe da pappa, ma «pare ammissibile che pappardelle e affini dipendano da un primitivo *pappardo o *papparda (cfr. mostarda ecc.), che s’appoggiano al prov. papard e a paparde del Folengo» (vedi DELIN)
0.8 Le prime testimonianze della voce pappardella/e non offrono indicazioni precise sul formato della pasta: sia nel Libro della Mensa (vedi anche Frosini 1993: 63), in cui è tramandato il primo esempio finora noto della parola, sia nel Corbaccio di Boccaccio, posteriore di un ventennio rispetto al Libro, viene indicato solo il modo in cui esse venivano mangiate, ossia condite con cacio e cotte nel brodo. La prima impressione del Vocabolario degli Accademici della Crusca specifica la loro cottura nel brodo di lepre, che sembra richiamare un uso culinario diffusosi dopo il XIII secolo, specialmente a Firenze (Fanfani 1865, s.v. pappardelle registra: "Lasagne cotte nel brodo o colla carne battuta della lepre […]", e in Rigutini-Fanfani 1875 s.v. pappardelle: "Lasagne cotte nel brodo, e poi battutovi la carne della lepre, e condite col sugo di essa lepre"; ancora in Petrocchi: "Lasagne col brodo e sugo specialm. di lepre"). Il secondo significato rintracciato in AtLiTeG fa riferimento a 'frittelle di ricotta', dalla forma tonda, cotte nello strutto. La prima attestazione finora nota di pappardelle con questo significato è stata rintracciata dal GDLI ne Lo scalco pratico di Lancellotti, edito a Roma nel 1627. Anche nella Singolar dottrina di Panonto, edita nel 1560, si attesta la voce pappardella 'frittella', che è da riconnettersi con probabilità alla locuzione pappardelle alla romana, che nel testo si contrappone a pappardelle alla fiorentina 'lasagnette', queste ultime sempre presentate con l'immancabile brodo di lepre; tale attestazione, dunque, migliora notevolmente la datazione riferita dai lessici descrittivi. Un'altra importante attestazione di pappardella 'frittella', tra l'altro, si trova nell'Opera di Bartolomeo Scappi, in cui le pappardelle sono definite: "frittelle dal vulgo romano dette pappardelle" (Scappi 1570: [Libro V] 312; nella ricetta si fa riferimento a pallottole di pasta fritte nello strutto o nel burro e ricoperte di zucchero e cannella. Al di là della presenza della ricotta come ingrediente principale, il termine pappardella inteso come 'frittella tonda' pare essere un'accezione specifica del centro Italia.
Resta dubbia la locuzione pappardelle delle monache attestata nel ricettario di Lancellotti, la quale potrebbe indicare dei semplici pezzi di pasta fritta ricoperta di zucchero glassato.
simili ai dolci che, specie nella parte centro-settentrionale della penisola, oggi prendono il nome di chiacchiere delle monache, tipicamente preparati durante il periodo del Carnevale. Si potrebbe aver avuto un passaggio da pappardella a chiacchiera per via popolare. Il significato di pappardella 'discorso privo di costrutto' è documentato dal DELIN a partire dal 1814, probabilmente derivato dal piemontese papardela 'manifesto, affisso', a sua volta derivato dal provenzale papard 'pappa', "attraverso il senso figurato di una lunga scrittura inconsistente". Nella Singolar dottrina si registra frittelle di monache; nel Libro dello scalco, invece, si registra ciambelline di monache.
Nessun riscontro di pappardelle nella lessicografia, invece, nel sign. n. 4 (v. campo 0.5).
0.9 Categorie
0.11 CA1; CA2; Crusca I-V; DEI; DELIN; GDLI; GRADIT; Nocentini; TLIO; TB; SC; Frosini 1993; Prati 1959.
Autore della scheda: Monica Alba
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/313