0.1
0.2
0.3
0.4 pasticcio (Convito fatto ai figliuoli del re di Napoli da Benedetto Salutati e Compagni, 16 febbraio 1476; Firenze)
0.5
0.6 pasticcio (dal 1535, Orlando innamorato, Francesco Berni DEI, DELIN); (Crusca I-IV; TB; dal 1557, Giovanni Battista Ramusio, Navigazioni e viaggi [ed. Venezia, 1554-1565]: "Vendono pasticci fatti d’uccelle di pesci freschi e salati, crudi e cotti", GDLI; CA 1, CA 2 s.v. forma; DM 1 s.v. pâté; SC; GRADIT nel significato di 'pietanza a base di carne, pesce, verdura o pasta, cucinata e aromatizzata in vari modi, racchiusa in un involucro di pasta e cotta in forno'; Zingarelli 2024).
pastizzo (dal 1589, Tommaso Garzoni, Opere [ed. Napoli, 1972]: "Qui si fanno le adunanze tra la pignatta e la tegghia..., qui si discorre del modo di comporre un pastizzo", GDLI).
0.7 Da pasta (< lat. parlato *PASTĪCIU(M)) (DELIN).
0.8 La voce pasticcio e le sue varianti sono attestate nel nostro corpus dagli anni Settanta del Quattrocento in poi. In area romanza, come riportano FEW e REW, il latino *PASTĪCIUS dà esito, oltre che al friulano pastits e all'italiano pasticcio, al provenzale antico pastitz, all'antico francese pastiz nel senso di 'ciò che è costituito da un impasto' („aus Teig bestehend“) e al catalano pastís, definito 'pastete', un piatto a base di carne o pesce posti in un involucro di pasta. La diffusione della parola in area italiana si intreccia a quella di pastello, con cui convive per circa un secolo, quando pastello tende a essere soppiantato dal lemma in questione per riferirsi a quel tipo di preparazione gastronomica cotta in forno, che prevede un ripieno (a base di carne, pesce o altri ingredienti) avvolto in un involucro di pasta o, in alcuni casi, di riso o polenta. Sulla base delle emergenze lessicali, si intuisce che la pietanza riscuote un grande successo nel corso dell’Ottocento. Il pasticcio può essere servito caldo oppure freddo e, in questo caso, non solo si può semplicemente aspettare che si raffreddi ma si può anche fare uso della gelatina, come si legge nella 2ª ed. di Il cuoco senza pretese (1826): “Modo di usare di questa gelatina. Se per pasticci freddi converrà, che per disgelarla vi serviate dell’acqua tiepida immergendovi il vaso che la contiene; poi versandola a strati nella forma, e di mano in mano che gela aggiungendovi quel composto, che più vi piacerà p.e. quaglie cotte, trifole in fette, lacetti cotti in ristretto [...]”. Interessante è, infine, dare uno sguardo al quarto significato di ‘dolcetto a base di pasta frolla variamente farcita’ che viene solitamente cotto in uno stampo dalla forma lunga e stretta detta barchiglia, significato che accomuna gli alterati pasticetti, pasticcietti e pasticciotti. Questi ultimi hanno in comune con gli attuali pasticciotti tipici della zona del Salento non solo il nome ma anche il ripieno e la forma ovaleggiante (“in forma di navicelle”, Lo scalco pratico, 1627). Per quanto riguarda la loc. pasticcio all’inglese, ben attestata nel nostro corpus dall’inizio del Seicento, non si riesce a individuare chiaramente la caratteristica di base: si può forse ipotizzare un legame con la minced pie, preparazione simile al pasticcio in quanto prevede che il ripieno sia ben sminuzzato (cfr. Baretti 1820).
0.9 Categorie
0.10.1 barchiglia (s.f.) , pastello (s.m.) , timballo (s.m.) ,
0.11 CA 1; CA 2; Crusca I-IV; DEI; DELIN 1147; DM 1; FEW; GDLI; Nocentini; GRADIT; REW; VEI; SC; TB; Zingarelli 2024. Baretti 1820; Carnevale Schianca 2011.
Autore della scheda: Valentina Iosco
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/239