0.1
0.2
0.3
0.4 pasta di brioche, gateau di brioche (Cuoco Piemontese, 1766; Torino); pasta da briosce (L'Apicio Moderno, 1808; Roma); briosce (L'Apicio Moderno, 1808; Roma)
0.5
0.6 brioche 'lievitato' (1773, L'Economia della città, e della campagna, Thomassen 1997: 87; 1846, La gioventù di Canova, in "La gazza", ArchiDATA; 1882, F. Mastriani, La Medea di porta Medina, GDLI Suppl. 2004, nel significato 2 anche 'dolce soffice a base di farina, burro latte, cotto al forno, che lievitando assume la forma di due semisfere diseguali sovrapposte'; 1868, F. Mastriani, Ombre, GRADIT nel sig. 1b, nel significato 2 anche 'dolce soffice a base di farina, burro e latte, cotto al forno, che lievitando assume la forma di due semisfere diseguali sovrapposte'; 1905, SC; 1846, Zingarelli 2024); brioche 'pasta' (DM 1: "voce di origine incerta (V. Scheler) ed indica sì in Francia che da noi una pasta dolce di lievito e uova. Faire des brioches = prendere una cantonata"; GDLI Suppl. 2004, senza esempi; GRADIT nel sing. 1a; 1846, Zingarelli 2024);
briosce (sing.) 'lievitato' (1790, F. Leonardi, L'Apicio moderno IV, Thomassen 1997: 87; 1951, B. Barilli, Capricci di vegliardo: [...] l'ora del maritozzo caldo, della briosce calda e del cappuccino caldo", GDLI; GDLI Suppl. 2009, senza esempi); pasta (da) brioche (1790, F. Leonardi, L'Apicio Moderno IV; GRADIT, con rimando a brioche); briozzo (1854, F. Vialardi, Trattato di cucina e pasticceria, Thomassen 1997: 87); brioscia 'lievitato' (a. 1886, V. Imbriani, Vittorio Imbriani intimo, Lettere familiari e diari inediti: al pl. briosce: "[...] dita d’apostoli, bocche di dama, briosce, pasta reale", GDLI Suppl. 2009; 1939, T. Bolelli, Dizionario di parole nuove, DELIN che specifica inoltre: ma in nap. brioscia è del 1887; 1959, C. Cassola, Il taglio del bosco, GDLI; GRADIT, come var. di brioche, marcata region. centromerid.; SC; av. 1886, Zingarelli 2024 come adattamento di brioche, segnala inoltre il dim. brioscina); lig.occ. (sanrem.) brióscia; piem. briossa, briòss; vogher. brjòs; mant. briòs; emil.occ.(parm.) briòss; carr. briǫ́sa , briǫ́ša; nap. brioscia; sic. bbriòscia, bbiòscia; nap. anche brioscia f. ‘(per estens.) pizza morbida e ben lievitata’ (LEI).
0.7 Dal fr. brioche (1404), dal norm. brier 'impastare', a sua volta dal got. brikan 'spezzare' (LEI)
0.8 Francesismo recente, la voce arriva dal fr. brioche (già nel 1404) riconducibile al gotico brikan da cui sarebbe derivato il verbo normanno brier ‘impastare, stendere l’impasto col matterello’ (Lubello 2022: 170-171 e bibliografia ivi indicata). Il prestito è documentato in italiano, dentro e fuori il nostro corpus, sia nella forma integrale sia in forme variamente adattate, anche molto distanti dall’originale francese (vd. briozzi in Vialardi) (cfr. Thomassen 1997: 87).
Nel nostro corpus la loc. pasta (da/di) brioche (nei suoi vari adattamenti) rimanda a una pasta a base di farina, uova, burro e lievito; con il sostantivo semplice viene designato, invece, il piccolo panino soffice realizzato suddividendo in porzioni e cuocendo tale pasta. I repertori registrano quasi esclusivamente il sost. semplice – solo GRADIT registra anche la loc. pasta brioche – al quale associano le due accezioni menzionate, e talvolta una terza di 'dolce soffice a base di farina, burro e latte, cotto al forno, che lievitando assume la forma di due semisfere diseguali sovrapposte' (cfr. GDLI e GRADIT).
Benché la lessicografia restituisca sempre il tratto semantico [+dolce], negli esempi qui documentati la voce non indica esclusivamente preparazioni dolci: Cavalcanti, ad esempio, farcisce le sue briosce con ingredienti salati, quali prosciutto e provola. Non sembra del tutto trasparente, invece, l’esempio trattato dalla Cuciniera moderna di Giovanni Brizzi, in cui piccole briosce potrebbe rimandare, forse per metonimia, a dei contenitori per la cottura piuttosto che a una preparazione alimentare (si noti a tal proposito anche l’esempio tratto da Cavalcanti che parla di “[...] stampe di rame, ma di quelle alte, però della capacità di un pasticcetto, precisamente quelle formette da servire per le briosce”). Sul piano della datazione, se i repertori non risalgono oltre il XIX sec., il nostro corpus (ma già Thomassen 1997: 87) dimostra come la parola circolasse in italiano già almeno dal terzo quarto del Settecento, secolo in cui, come noto, l’influenza dalla cucina d’Oltralpe è all’apice. In sincronia la parola è interessante anche per la posizione dei geosinonimi, per i quali si rimanda a D’Achille-Viviani 2009.
0.9 Categorie
0.11 ArchiDATA; DEI; DELIN; Nocentini; GDLI; GDLI Suppl. 2004; GDLI Suppl. 2009; DM 1; GRADIT; LEI; SC; Zingarelli 2024; D’Achille-Viviani 2009; Lubello 2022: 170-171; Thomassen 1997: 87.
Autore della scheda: Francesca Porcu
Pubblicata il: 31/05/2024
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Doi: 10.35948/ATLITEG/vocabolario/406